Ferrovia Salaria

tracciato ferrovia

La ferrovia Salaria o ferrovia dei Due Mari è un progetto di ferrovia che costituirebbe un collegamento trasversale tra il mare Tirreno e l’Adriatico nell’Italia centrale. Collegherebbe Roma a San Benedetto del Tronto passando per Passo Corese, Rieti, Antrodoco ed Ascoli Piceno, ricalcando il percorso dell’antica Via Salaria e dell’attuale strada statale 4.

È stata più volte progettata e ripetutamente approvata dai Governi dell’Italia monarchica e repubblicana ma mai costruita a causa di ostacoli di vario genere (contrasti sul tracciato da adottare[3], dissidi campanilistici con altre regioni[4], ostacoli burocratici ed economici). La sua mancata realizzazione è diventata per Rieti un vero e proprio simbolo dell’isolamento della Sabina,[5][6][7][8] e l’opera è considerata una delle più durature promesse elettorali irrealizzate.

Prime iniziative per il completamento Modifica

Lo stato dei collegamenti ferroviari nel reatino e nell’aquilano alla fine dell’Ottocento (e tuttora immutati)
Negli ultimi tre decenni dell’Ottocento si movimentarono a sostegno della ferrovia un gran numero di comitati, che sorsero e sparirono nel corso di breve tempo alimentando con le loro promesse (spesso finalizzate al conseguimento di risultati elettorali) un certo scetticismo nei confronti della ferrovia.[11] Nel frattempo anche il ministero dei Lavori Pubblici riconobbe l’utilità della ferrovia Salaria, inserendola nel piano regolatore ferroviario del 1879.[36]

Nel 1878 il reatino Felice Palmegiani diede incarico all’ingegnere Luigi Trevellini di eseguire un progetto completo della ferrovia Rieti-Passo Corese, che fu presentato lo stesso anno al Ministero dei lavori pubblici[37] ed approvato l’8 marzo 1879[38] dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Dopo l’approvazione sorse a sostegno del progetto un comitato presieduto dal generale Filippo Cerroti.[39]

Busto del generale Filippo Cerroti al Gianicolo
Nonostante l’approvazione ministeriale, la realizzazione del progetto fu ostacolata dalla divisione tra i sostenitori del tracciato Rieti-Passo Corese del Trevellini (per Roccasinibalda, Torricella, Poggio Moiano e Scandriglia) e il «comitato dei contiglianesi» sostenitori del percorso alternativo Contigliano-Poggio Mirteto (per Mompeo e Salisano, similmente alla Via Tancia).[40] A causa di queste divisioni nel 1878 la Rieti-Fara Sabina fu classificata come ferrovia di quarta categoria, mentre venivano inserite come ferrovie di prima categoria le Terni-L’Aquila e Roma-Sulmona[39]. Nel 1879 una legge concedeva la costruzione di 1530 km di ferrovie di quarta categoria, ma il consorzio per l’esecuzione dei lavori venne formato quando questi ormai erano stati tutti concessi ad altre parti d’Italia[39].

Nel 1884 il generale Cerroti realizzò un nuovo progetto.[41]

Nel frattempo l’utilità della ferrovia Rieti-Passo Corese veniva sottolineata da più parti: il ministro della guerra del tempo ne evidenziò l’importanza strategica dal punto di vista militare[39] (con la legge 5 aprile 1882[42]), il consiglio provinciale capitolino la dichiarò “di grande utilità per la provincia di Roma”, mentre la commissione per la bonifica dell’Agro Romano ne raccomandò la costruzione.[39]

Nel 1885 una nuova legge concedette mille chilometri alla quarta categoria, e venne formato un nuovo consorzio.[39] Il comune di Roma, che riteneva la ferrovia di grande interesse economico, aderì al consorzio con 100 000 lire.[39] Il comune dell’Aquila, che già allora si trovava a riconoscere gli svantaggi del collegamento con la Capitale via Terni (linea Terni-L’Aquila, inaugurata meno di due anni prima), nel febbraio 1885 decise all’unanimità di aderire al consorzio versando la somma di 80 000 lire, in virtù dei vantaggi che avrebbe portato un percorso abbreviato di ben 70 km; altrettanto fece la provincia dell’Aquila che versò 180 000 lire.[39] Complessivamente vennero raccolti l’equivalente di 1 270 000 euro attuali.[43] La costituzione del consorzio fu approvata nel novembre del 1885 dalla deputazione provinciale dell’Umbria, a cui all’epoca apparteneva l’intero territorio attraversato dalla ferrovia.[39] Tuttavia anche questa volta l’iniziativa si arenò a causa di diversi ostacoli: la presentazione da parte dei proprietari dell’abbazia di Farfa di un progetto alternativo, la nascita di un comitato che si opponeva al consorzio e che voleva la costruzione della Rieti-Fara Sabina come tramvia elettrica, ed infine la morte sia del progettista Trivellini che del promotore Felice Palmegiani.[39]

La centrale idroelettrica di Farfa, che doveva alimentare la ferrovia elettrica Rieti-Passo Corese secondo il progetto Ugolini
Nel 1895 il problema tornò alla ribalta e l’ingegner Venturini presentò un nuovo progetto, che tuttavia fu abbandonato quando da uno studio comparativo risultò che il progetto Trivellini rimaneva quello più vantaggioso[44]. Nel 1900 l’ingegnere Edoardo Ugolini presentò un nuovo progetto che prevedeva una ferrovia a trazione elettrica; l’iniziativa non ebbe successo[44] e non ottenne l’appoggio del comune di Rieti,[45] ma la centrale idroelettrica che doveva alimentarla venne realmente costruita e oggi costituisce la centrale idroelettrica di Farfa.[46][47] Nel 1905 un nuovo progetto fu presentato dall’ingegner Ugo Benincasa ed approvato dal consiglio superiore dei Lavori Pubblici, ma non venne accolto con successo.[44]

Altri progetti avanzati in questi anni furono quelli degli ingegneri Massimi e Segrè.[45] La costruzione della ferrovia era parte del programma politico di Giovanni Giolitti.[13][48]

Il comitato di Ascoli e l’attività di inizio secolo Modifica
Nel 1902 il consiglio provinciale di Ascoli aveva approvato il progetto di Venceslao Amici per il tratto Ascoli Piceno-Antrodoco.[45]

La notizia del comizio di Ascoli del 1903
Nel 1904, in seguito al fallimento del comitato di Amatrice che si era costituito due anni prima, sorse ad Ascoli un comitato interregionale finalmente stabile presieduto da Felice Borghese, presidente della provincia di Roma, del quale erano membri il sindaco di Roma Prospero Colonna, il sindaco di Ascoli Luigi Marroni, il sindaco di Rieti Filippo Corbelli, il presidente della provincia di Ascoli Enrico Teodori, il direttore del quotidiano L’Adriatico Luigi Trocchi e i parlamentari Alfredo Baccelli, Apelle Cantalamessa, Gaetano Falconi, Alessandro Fortis, Arturo Galletti, Domenico Raccuini, Francesco Rosselli. Il comitato organizzò due comizi a sostegno della ferrovia, il 26 novembre 1903 ad Ascoli e il 17 aprile 1904 a Palombara Sabina. Nel primo dei due il sindaco di Rieti si impegnò a far redigere a spese del proprio comune un nuovo progetto del tronco Rieti-Passo Corese che completasse il progetto Amici già approvato per il tronco Ascoli Piceno-Antrodoco, ma un anno più tardi l’incarico non era stato ancora affidato ad alcun ingegnere e si riaccese la polemica tra Rieti ed Ascoli, che accusava Rieti di intralciare il progetto e di essere la causa della sua mancata realizzazione.[45]

A favore della Salaria si schierò anche il sindaco di Spoleto Domenico Arcangeli, grande sostenitore della costruzione della ferrovia Spoleto-Norcia, il quale nel 1903 aveva definito il Piceno e la montagna spoletina «un unico deserto ferroviario». A tale proposito, nel 1904, Arcangeli affidò all’ingegnere Carlo Carosso il compito di progettare un prolungamento della Spoleto-Norcia che si sarebbe innestato sulla Salaria presso Grisciano o Arquata.[49]

Nell’agosto del 1906 si costituisce a Roma la Società per la Ferrovia Salaria con a capo l’ingegnere Venceslao Amici, il cui progetto per la Ascoli Piceno-Antrodoco è già stato approvato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici; la società si proponeva di progettare anche la tratta Rieti-Passo Corese, ottenere la concessione per poi cederla ad una società che si occupasse della costruzione e dell’esercizio.[50]

Nel giugno 1907 il consiglio superiore dei lavori pubblici approvò il progetto di Venceslao Amici per il solo tronco Ascoli Piceno-Antrodoco concedendogli un contributo di 7500 lire al chilometro per settanta anni.[45]

La progettazione del tronco Rieti-Passo Corese fu infine svolta dall’ingegner Amici stesso; questo progetto, tuttavia, scontentò molti comuni della bassa Sabina, che sostenevano che fosse migliore persino il progetto Trivellini, contro il quale si erano battuti in passato.[45] Il comitato ascolano, tuttavia, aveva già trovato una ditta costruttrice e lo fece ugualmente approvare dal consiglio superiore dei lavori pubblici.[45] Nel marzo del 1908 la provincia di Ascoli Piceno ottenne la concessione per costruirla con il massimo sussidio (7800 lire al chilometro) e per una durata di 70 anni.[51]

La ditta che doveva costruire la ferrovia in subconcessione per conto della provincia di Ascoli era la Piret e Laval, con sedi a Parigi e Bruxelles, che il 10 gennaio 1909 firmò un compromesso con la deputazione provinciale di Ascoli.[45] La Piret e Laval, nel frattempo diventata Société Française de Constructiones Mècaniques, d’intesa con la Banque des Pais Autrichiens aveva costituito una società per azioni e nel 1910 comunicò di essere pronta ad iniziare i lavori.[45]

Ma anche questa volta, per inciampi burocratici la ferrovia non si fece:[51] infatti, quando i rappresentanti di Ascoli erano già a Parigi per la firma del contratto definitivo, giunse dall’Italia la notizia che, contrariamente a quanto aveva in precedenza assicurato il ministero delle finanze, anche sullo sconto delle sovvenzioni statali all’estero sarebbe stata applicata l’imposta di ricchezza mobile con un tasso del 4%; questo significava che la ditta avrebbe dovuto rinunciare ad una sovvenzione annuale di 1 880 000 lire per una cifra complessiva di 4 000 000, e per questa ragione i titolari H. Piret e A. Laval bloccarono l’operazione rinunciando alla subconcessione.[45]

Nel 1913, dopo l’approvazione della nuova legge con la quale i sussidi statali a favore delle ferrovie aumentarono da 8 500 a 10 000 lire al chilometro per 50 anni, il comitato ascolano tentò nuovamente di trovare una ditta disposta a costruire la linea. Furono contattate la Tolect Timber Company di Londra e una società di Berlino, ma, a causa dello scoppio della guerra italo-turca le società manifestarono delle rigorose riserve, e lo stesso dibattito pubblico sulla costruzione di nuove ferrovie passò decisamente in secondo piano.[45]

La guerra e la relazione ministeriale Modifica
La prima guerra mondiale accantonò tutti i progetti, ma diede ulteriore prova della necessità della linea: secondo il Palmegiani, lo stato maggiore dell’Esercito lamentò per i trasporti militari la mancanza di una linea intermedia tra la Roma-Ancona e la Roma-Pescara, tra l’altro entrambe più lunghe.[51]

Prima dell’inizio del conflitto, il Ministero dei lavori pubblici aveva però nominato una commissione presieduta dal direttore generale delle ferrovie dello Stato Raffaele De Cornè[45], che si costituì nel febbraio 1914[52], con l’incarico di elaborare un piano regolatore delle ferrovie dell’Italia centrale[52]. Nell’ottobre 1919 la commissione presentò i propri risultati in una relazione[45], in cui i progetti di nuove ferrovie erano divisi in “direttissime principali di grande traffico” (riservata ai grandi progetti delle nuove Roma-Napoli e Bologna-Firenze), “principali di comune traffico” e “secondarie”.[53]

La commissione riconobbe l’utilità e l’importanza della Salaria inserendola tra le linee “principali di comune traffico”[53], e all’interno di esse nel 1° gruppo[52], ossia tra quelle da realizzarsi direttamente a spese dello Stato[54] perché riconosciute come di interesse nazionale[51]. La motivazione era la seguente:

« La ragione d’essere fondamentale di questo collegamento ferroviario, che è stato considerato quale costituente con le linee esistenti un’altra trasversale, sta soprattutto nel traffico che vi può confluire dalla zona compresa entro il triangolo che ha vertice Roma e base sulla Ancona-Castellammare [NDR: l’attuale Pescara] e quantunque le due linee Roma-Ancona e Roma-Castellammare, pure avendo conseguito un notevole prodotto chilometrico, non possano considerarsi sature, è da ritenersi tuttavia che la linea in oggetto – costituente un accorciamento rispetto alle due linee anzidette – sia destinata a conseguire un notevole provento. Così mentre da Roma all’Adriatico per la via di Ancona si percorrono km 286 (Ancona-Roma) e per via di Sulmona km 240 (Castellammare-Roma), per la via Salaria occorrono solo km 221, ed il vantaggio nelle distanze reali, grandissimo naturalmente per Aquila e Rieti (rispettivamente 148 km contro 216, e 87 contro 153) si mantiene per Teramo e per Ascoli e per tutte le stazioni adriatiche da dopo Osimo fino a Mutignano. »
(Commissione De Cornè[45])
La relazione la dichiarava, peraltro, «una delle più facili a costruirsi e delle più economiche dell’Italia centrale»[51]. La commissione dichiarò il progetto Amici accettabile per l’esecuzione,[55] anche se sottolineò che i raggi di curvatura previsti erano molto stretti.[56]

A seguito della pubblicazione della relazione, il comitato ascolano riprese la sua attività[45] e, dopo aver promosso una riunione tra i rappresentanti delle aree interessate e il progettista della linea Amici[45], ebbe un incontro ufficiale con il ministro dei lavori pubblici Giuseppe Micheli, il quale assicurò che la Salaria sarebbe stata realizzata non appena fossero giunti i fondi che il suo gabinetto aveva già richiesto al ministero delle Finanze.[45]

Nel dicembre del 1921 ventuno deputati del Lazio, dell’Umbria e delle Marche si riunirono per discutere il modo più rapido per spingere all’approvazione della ferrovia.[57]
La rivalità con la Roma-Giulianova Modifica

I partecipanti al convegno del 15 giugno 1922 al Teatro Flavio Vespasiano di Rieti
Ma nel 1922, proprio quando la Salaria sembrava destinata alla realizzazione, il progetto si scontrò con l’opposizione del municipio dell’Aquila. Infatti, se fino a quel momento il capoluogo abruzzese si era schierato a favore della Salaria (che gli avrebbe portato un percorso verso Roma notevolmente abbreviato), ora invece iniziò a sostenere il progetto di una trasversale alternativa, che avrebbe attraversato direttamente la città: la Roma-Giulianova.[45]

Questa linea si sarebbe staccata dalla Roma-Sulmona a Carsoli e sarebbe passata per Borgorose, L’Aquila e Teramo, dove si sarebbe ricongiunta con la già esistente linea per Giulianova ed il mare.[45] Veniva presentata come parte di questo tracciato anche la ferrovia L’Aquila-Capitignano, che in realtà era stata costruita, tra il 1920 e il 1922, da una società privata (la SIA – Società per l’Industrializzazione dell’Aterno) e per uno scopo diverso (lo sfruttamento dei giacimenti di torba di Campotosto), ma per la quale esistevano già progetti di prolungamento fino a Teramo.[58]

I due progetti, votati entrambi al collegamento di Roma con l’Adriatico, avrebbero avuto tracciati paralleli separati da una distanza relativamente breve, per cui appariva evidente che la realizzazione dell’uno avrebbe significato l’archiviazione dell’altro.

Per questo, il dibattito tra i sostenitori della Salaria (Rieti, Ascoli) e della ferrovia abruzzese (L’Aquila, Teramo) assunse fin da subito il carattere di uno scontro: entrambe le fazioni sostenevano che il governo dovesse realizzare la propria ferrovia e non l’altra. Ebbe così inizio una lunga ed aspra polemica di sapore campanilistico, che si manifestò con piccati articoli sulle pagine dei giornali locali[45] e nel corso di imponenti convegni, volti a influenzare l’opinione pubblica e quella del governo. I maggiori furono quello tenuto all’Aquila il 28 maggio 1922, che vide una partecipazione di 10 000 persone ed un clima di aperta ostilità verso Rieti ed Ascoli[45], e quello tenutosi al teatro Flavio Vespasiano di Rieti il 15 giugno 1922[60], che vide la messa in atto di un’imponente scenografia; oltre ai rappresentanti di enti locali e di associazioni reatine e ascolane, a sostegno della Salaria parteciparono una decina di parlamentari, il sindaco di Roma Giannetto Valli e altri amministratori della provincia capitolina.[45]

La Roma-Giulianova aveva il merito di rimettere il capoluogo L’Aquila al centro dei traffici tra Roma e il mare (dai quali era stata esclusa in seguito all’apertura della Roma-Sulmona), attraversando inoltre l’atavico ostacolo del Gran Sasso che per secoli l’ha isolata da Teramo (per superarlo si dovette aspettare gli anni ottanta, con il traforo stradale della A24).

La ferrovia proposta dagli abruzzesi, però, avrebbe dovuto superare degli ostacoli orografici imponenti e avrebbe avuto pertanto dei costi molto elevati: c’erano da superare infatti tre grandi valichi appenninici, che avrebbero richiesto altrettanti trafori della lunghezza di dieci chilometri ciascuno,[36] tra cui quello del Gran Sasso dove si sarebbero raggiunti quasi i 1200 metri s.l.m.;[45] il costo totale sarebbe stato di 789 milioni di lire.[59] In confronto, la Salaria avrebbe previsto un solo valico (il passo della Torrita, a quota 1000 m) e sarebbe costata 212 milioni.[59]

La prima pagina del Giornale di Ascoli del 19 giugno 1922 dedicata al convegno di Rieti del 15 giugno
Altro svantaggio della Roma-Giulianova era quello di attraversare zone montane e scarsamente popolate: avrebbe servito 202 415 abitanti, interessando tredici mandamenti in due province, mentre la Salaria avrebbe servito 494 682 abitanti, interessando trenta mandamenti in sei province.[45]

Confronto altimetrico tra la Salaria e la Roma-Giulianova
Proprio per queste ragioni, la stessa commissione governativa De Cornè che aveva steso il piano regolatore del 1919, aveva sonoramente bocciato la Roma-Giulianova: nella relazione si legge che sulla tratta Capitignano-Teramo «data la limitata importanza della ferrovia, pochi sono i casi in cui, come questi, sia consigliabile l’adozione del binario ridotto dato che lo scartamento normale richiederebbe lunghe gallerie e importantissime opere d’arte» e sulla tratta Carsoli-L’Aquila «non si ammette nemmeno una ferrovia a scartamento ridotto, per la nessuna importanza e per le difficoltà di costruzione, dovendo superarsi due valichi importanti».[59]

Sulla scorta del parere della commissione, i sostenitori della Salaria asserivano che la loro ferrovia sarebbe stata più utile e di più facile realizzazione; da essa L’Aquila avrebbe ottenuto un percorso verso Roma accorciato di 70 km e, allo scopo di servire anche Teramo, fu fatto eseguire il progetto per una ferrovia di pochi chilometri che raccordasse la città abruzzese alla Ascoli Piceno-San Benedetto del Tronto, dalla quale anche Teramo otteneva un notevole accorciamento delle distanze. Tuttavia il tentativo di convincere gli amministratori abruzzesi a convergere sulla richiesta comune della Salaria fu vano; anzi rappresentanti politici e personalità abruzzesi iniziarono a fare forti pressioni sul ministro Micheli.

Nonostante l’impegno che precedentemente aveva preso a favore della Salaria, in seguito alle continue sollecitazioni, il ministro cambiò idea e si schierò a favore della Roma-Giulianova, sostenendo che la relazione De Cornè dovesse essere considerata uno strumento consultivo e non vincolante, suscitando vive proteste da parte dei sostenitori della Salaria.[45] Tuttavia di lì a breve la presa del potere da parte del fascismo cambiò le carte in tavola.

Il fascismo Modifica

Mussolini in visita a Rieti nel luglio 1924
Di fronte alle discordie localistiche generate da questo dibattito, il neonato governo fascista sottopose la relazione ministeriale del 1919 ad un riesame, in seguito al quale il ministero dei lavori pubblici riconobbe l’utilità dell’intera Salaria e soprattutto sottolineò la particolare importanza economica del tratto Rieti-Passo Corese.[61]

Nel frattempo la propaganda su ambo i fronti continuava ad imperversare: i personaggi più in vista di entrambi gli schieramenti tentavano di intercedere presso Mussolini o altri gerarchi fascisti, nel tentativo di guadagnare il loro favore, inviando lettere e pubblicazioni promozionali.[4]

In seguito al riesame, il podestà di Rieti Alberto Mario Marcucci presentò richiesta di concessione per la costruzione e l’esercizio della Rieti-Passo Corese.[61] Gli amministratori reatini potevano sperare di ottenerla perché lo stesso Mussolini, nel corso di una visita in Sabina del 1923, si era stupito del fatto che questa zona fosse l’unica del Lazio a non disporre ancora di un rapido collegamento con la capitale;[62] in un’altra visita dell’ottobre 1924 dichiarò che la realizzazione della ferrovia godeva del suo personale interessamento.[63]

Un altro elemento a favore della ferrovia era la nascita della Supertessile, una grande fabbrica chimico-tessile che, insieme allo Zuccherificio, rendeva Rieti uno dei maggiori centri industriali del Lazio.[62] Proprietario dello stabilimento era il barone Alberto Fassini, un industriale che era in buoni rapporti con Mussolini e che più volte si prestò ad intercedere presso di lui per l’ottenimento della ferrovia.[64][65]

La costruzione della ferrovia per Roma aveva inoltre il compito di attuare e tradurre sul piano materiale i cambiamenti amministrativi a cui Rieti andò incontro in quegli anni:[66] nel 1923, infatti, il circondario di Rieti passò dall’Umbria al Lazio venendo integrato nella provincia di Roma, senza che però esistessero efficaci collegamenti con essa, e nel 1927 venne eletta a capoluogo di provincia riunendo nelle sue mani l’intera Sabina; la ferrovia doveva avere anche il compito di unire territori della neonata provincia fino ad allora separati da tempo immemore (la pontificia delegazione apostolica di Rieti e il borbonico distretto di Cittaducale), da sud-ovest a nord-est.[67]

Mussolini parla dal municipio di Rieti (luglio 1924)
Il 21 luglio 1925 il consiglio dei ministri esaminò i programmi di nuove costruzioni ferroviarie; in vista della riunione il municipio di Rieti aumentò la sua azione di sostegno al progetto,[64] e il podestà Marcucci tentò anche di far recapitare una lettera nell’abitazione privata di Mussolini, per mezzo del barone Fassini;[68] tuttavia l’attività non ebbe i risultati sperati e, nella seduta, l’inserimento della Rieti-Passo Corese venne rinviato per ragioni di carattere finanziario.[69]

Nonostante ciò le sollecitazioni al governo non cessarono e finalmente, nel giugno del 1926, il ministro dell’interno Luigi Federzoni annunciò l’imminente realizzazione del tronco Rieti-Fara Sabina,[70] nel corso di un discorso al Teatro Flavio Vespasiano:[nota 3]

« Oggi, in nome di S.E. il Capo del Governo e del collega dei lavori pubblici, che me ne hanno espressamente autorizzato, posso affermarvi che la prima delle nuove ferrovie progettate che sarà costruita in Italia sarà la Rieti-Fara Sabina. […] Non è una strenna, e tanto meno una promessa elettorale: tutto ciò è lungi dal nostro ricordo; è espulso dal nostro costume. Al tempo in cui potevano prevalere le fortune elettorali di un uomo o di un partito, si faceva a qualche provincia o a qualche collegio il grazioso donativo di ferrovie perfettamente inutili che ancora oggi gravano sterilmente con le loro passività sul bilancio dello Stato. Oggi è altro il criterio, diverso il principio che il Fascismo ha instaurato e che Benito Mussolini ha realizzato e realizza. Qui non si tratta di regalare niente a nessuno, si tratta di mettere in valore le infinite possibilità di sviluppo economico della vostra gente operosa, e della vostra terra feconda. […] E soprattutto Roma desidera essere ricongiunta anche materialmente a voi.[70] »
Lo stesso anno, in una lettera, il ministro dei Lavori Pubblici Giovanni Giuriati lo definì un problema «annoso» e prometteva il suo vivo interessamento.[70] Nel 1928 il ministero dei lavori pubblici istituì un ufficio studi e costruzioni ferroviarie[71] con sede a Rieti,[72] che fu incaricato di realizzare un progetto definitivo e fu autorizzato dal prefetto di Rieti ad accedere a tutte le proprietà private per eseguire i rilievi necessari.[71] Era diretto dall’ingegnere Luigi Ferretti[71] e a capo c’era l’ingegner De Baruffaldi.[72] Nel 1931 la commissione Cozza confermò la linea nel piano regolatore delle ferrovie.[36] Nel 1932 il Palmegiani riporta che il progetto era quasi completo[73][74] e risulta che il tracciato fosse già stato picchettato.[71]

Ma in quello stesso anno, improvvisamente, l’ufficio incaricato venne soppresso e la realizzazione del progetto fu bruscamente interrotta.[71] L’avvenimento fu fatto passare sotto silenzio e in via ufficiale non venne fornita alcuna spiegazione, se non quella della difficile situazione delle finanze statali[45] e della necessità di economie e sacrifici.

La lotta di campanile si concluse quindi con una sconfitta per entrambi i fronti: la Sabina e il Piceno, anche nel corso del ventennio fascista, non ebbero la Salaria, mentre in Abruzzo la ferrovia L’Aquila-Capitignano non solo non fu prolungata per Teramo e per Carsoli, ma data la scarsezza del traffico viaggiatori e l’esaurimento dei giacimenti di Campotosto,[4] nel 1935 fu chiusa e mai più riattivata.[75]

Dal dopoguerra agli anni Ottanta Modifica

La ferrovia Ascoli Piceno-San Benedetto del Tronto
Nel 1943 fu nominata una commissione interministeriale presieduta da Pio Calletti, allo scopo di studiare un nuovo piano regolatore stradale e ferroviario;[71] in questa occasione la costruzione della Salaria fu sostenuta in particolare dalla Camera di Commercio di Rieti e dal suo presidente Pietro Colarieti,[71] ma il piano regolatore non vide la luce per la successiva caduta del fascismo.

Conclusa l’epoca fascista, anche nel secondo dopoguerra si tornò a parlare della costruzione della ferrovia, che continuava ad essere una necessità delle popolazioni locali.

Il 17 marzo 1948 le provincie di Roma, Rieti ed Ascoli organizzano a Rieti un convegno per sollecitare la realizzazione della Salaria.[76] Al convegno parteciparono rappresentanti dei comuni, delle province, delle camere di commercio, di confindustria e degli enti provinciali del turismo, i quali sottolinearono in particolare la necessità della Salaria per favorire una ripresa dell’occupazione.[76] In quei decenni, infatti, la forte disoccupazione provocò un imponente spopolamento in tutte le zone rurali della Sabina e del Piceno, che in alcuni comuni raggiunse e superò la disastrosa soglia del 50% dei residenti.[77]

Nel frattempo si era di nuovo costituita una commissione governativa, allo scopo di portare a compimento il piano regolatore che era allo studio prima dell’armistizio. In vista della decisione, la camera di commercio reatina e il presidente Colarieti organizzarono un nuovo incontro pro-ferrovia nell’aprile del 1950.[76]

La commissione concluse il piano regolatore nel 1953 e confermò la necessità di costruire la linea, inserendo la Rieti-Fara Sabina in prima categoria (costruzione «urgente e inderogabile»[76]) e la Ascoli Piceno-Antrodoco in seconda[78], mentre bocciò nuovamente la Teramo-L’Aquila-Carsoli perché quest’ultima avrebbe richiesto la costruzione di lunghi trafori e perché gli stessi territori sarebbero stati serviti anche dalla Salaria, che aveva dalla sua il vantaggio di confluire su una linea a doppio binario come la Roma-Orte.[36] Tuttavia l’attuazione del piano regolatore venne continuamente rimandata,[36] e comunque ad esso non seguirono fatti concreti.

Nel 1956 il ministro dei lavori pubblici Romita fece inserire nello “schema di sviluppo dell’occupazione e del reddito” 1955-64 una spesa aggiuntiva di 700 miliardi per le costruzioni ferroviarie, e la “società per i lavori e pubbliche utilità” richiese la concessione per la Rieti-Passo Corese con pagamento differito;[78] tuttavia la domanda rimase inevasa e la ferrovia non fu costruita.[78]

Negli anni Sessanta e Settanta la politica di smantellamento delle linee ferroviarie locali e il boom del trasporto privato resero più difficili i tentativi di costruzione della ferrovia, e anzi i rappresentanti locali dovettero ergersi a difesa delle linee Terni-L’Aquila, Ascoli Piceno-San Benedetto del Tronto e Teramo-Giulianova, che rischiarono esse stesse la soppressione.

Nonostante ciò, il collegamento ferroviario tra Rieti e Roma rimase un tema centrale della politica reatina, e in particolare è stato un cavallo di battaglia del PSI locale.[79] Anche le associazioni civili continuarono a chiederne la costruzione, come la camera di commercio reatina che nel 1976 fece realizzare uno studio di massima per una ferrovia Rieti-Poggio Mirteto.[19]

Il dibattito si riaprì nel 1982, quando FS e Ministero dei Trasporti inserirono la Roma-Rieti nel piano poliennale di sviluppo della rete ferroviaria nazionale.[80]

In seguito a questo riconoscimento, la necessità della linea fu ribadita in particolare dal sindaco di Rieti, Augusto Giovannelli, il quale nel 1986 organizzò un convegno nazionale di studi sulla storia delle ferrovie per ripercorrere e far conoscere la storia della Salaria.[81] Nello stesso periodo gli amministratori dell’Aquila, come Tullio De Rubeis, abbandonarono l’ambizione di una linea diretta e in più occasioni tornarono a sostenere la Rieti-Roma a fianco della Sabina: ad esempio nel 1983, per il centenario della Terni-L’Aquila,[82] e nel convegno del 1986.[83]
L’inserimento nella Legge Obiettivo Modifica
Al convegno del 1986 era presente anche il deputato reatino Guglielmo Rositani il quale, sulla scia del ritorno delle grandi opere nell’agenda politica nazionale, decise di sostenere la costruzione della ferrovia Salaria, a favore della quale stavano già lavorando alla regione Lazio vari esponenti del PDS.[84] Nel 1989 Rositani iniziò ad avere contatti con le Ferrovie dello Stato[40] e nel 1992 presentò un disegno di legge per la costruzione della Roma-Ascoli, che raccolse le firme di altri venticinque deputati laziali, marchigiani e abruzzesi;[19][85][86] nel 1993 ad Ascoli comune e provincia organizzarono una manifestazione in supporto all’iniziativa.[87] Dal 1994 al 2001 vari deputati e senatori presentarono nuovamente il disegno di legge, o comunque proposte simili: Rositani[88], Scaltritti,[89] Conti,[90] Bonatesta-Magnalbò.[91]

Filmato audio Il ministro Lunardi annuncia l’imminente realizzazione della Rieti-Fara Sabina (marzo 2002), su YouTube.
Nel 1994, in occasione della “festa nazionale del Secolo” tenuta da AN a Rieti, Rositani riunì in un dibattito Publio Fiori, ministro dei trasporti del primo governo Berlusconi, e Lorenzo Necci, amministratore delegato di FS.[92] Il ministro Fiori si impegnò per la realizzazione della Rieti-Passo Corese[84] e finanziò uno studio di fattibilità;[nota 4][84][93][94] gli studi sui flussi di traffico[nota 5] indicarono che l’esercizio ferroviario avrebbe consentito degli attivi di gestione, mentre la ristrutturazione della rete stradale – all’epoca quasi satura – avrebbe avuto costi maggiori.[84] Nel 2000 venne effettuato uno studio di fattibilità anche per il tratto Antrodoco-Ascoli.[95] Durante la campagna elettorale per le elezioni alla regione Lazio del 2000, che avrebbe visto vincitore Francesco Storace, l’allora candidato sottoscrisse un patto con la provincia di Rieti per la realizzazione della ferrovia Roma-Rieti-Ascoli.[96]

Con l’elezione della giunta Storace e del secondo governo Berlusconi il primo tronco della ferrovia si avvicina concretamente alla realizzazione. Dopo una riunione tra la regione e gli enti locali ascolani e reatini (giugno 2000),[97] il CIPE inserisce la ferrovia Passo Corese-Rieti nel Programma Infrastrutture Strategiche, con un costo previsto di 335,7 milioni di euro (delibera n. 121 del dicembre 2001)[98] e la regione Lazio la inserisce tra le “infrastrutture di preminente interesse nazionale” (intesa con il governo del marzo 2002).[98] Grazie alla volontà congiunta di regione e governo, nel settembre 2002 l’opera viene compresa nella legge obiettivo;[98] nonostante le richieste degli ascolani,[99] non viene fatto altrettanto per il tratto Antrodoco-Ascoli.

A novembre la Italferr viene incaricata di realizzare il progetto preliminare;[98] quasi contemporaneamente l’assessore regionale ai trasporti Aracri affidò all’Università Roma Tre lo studio di un secondo progetto.[100]

Il deputato Rositani

Il senatore Cicolani
Quello della Italferr viene ultimato nel maggio 2003[98] e presentato il 12 maggio dai parlamentari Guglielmo Rositani e Angelo Maria Cicolani in una conferenza stampa all’Hotel Quattro Stagioni di Rieti, insieme a responsabili di RFI e Italferr.[101][102] Il 9 giugno, presso il municipio di Rieti, viene presentato da Gabriele Bariletti il progetto dell’Università Roma Tre;[103] nella stessa occasione il comune di Ascoli Piceno presenta uno studio per la prosecuzione della linea fino ad Ascoli[103] (realizzato da Sagi e Consultec, che prevedeva metà del percorso in galleria[104]).

Il progetto dell’Università romana era meno costoso, meno impattante e con più stazioni intermedie rispetto a quello della Italferr;[103] fu apprezzato in particolare dai comuni della comunità montana del Turano (che nell’altro progetto lamentavano l’assenza di stazioni nel loro territorio).[105][106] Tuttavia il centrodestra reatino screditò il progetto meno costoso (specialmente Rositani, che lo definì un «progetto da studentelli»,[100] e il sindaco di Rieti Emili, che ritenne più opportuno fare muro intorno al progetto “ufficiale” per non ripetere gli errori del passato ed intralciare la realizzazione dell’opera[107]), così il governatore Storace sostituì Aracri con Gargano e il neo-assessore scelse il progetto della Italferr.[100]

Concluse le conferenze di servizi, il 19 dicembre 2003 il CIPE approva il progetto preliminare con delibera n. 124, dove si riporta aprile 2013 come fine prevista dei lavori, un costo lievitato a 792,2 milioni di euro e un finanziamento disponibile di soli 1,34 milioni.[98] L’assenza di fondi, denunciata dal centro-sinistra,[108] fu giustificata da Rositani e Cicolani sostenendo che sarebbero arrivati con la successiva legge finanziaria;[109] nel giugno 2004 lo stesso ministro dei trasporti Lunardi venne a Rieti per dare rassicurazioni, promettendo la pubblicazione del bando di gara entro il 2005.[110] Ma la promessa non fu rispettata, e nell’ottobre 2004 la ferrovia fu esclusa dagli 11 progetti che il CIPE decide di finanziare.[111]

A parte l’inserimento nel DPEF di una previsione di spesa,[112] si riuscì ad ottenere solo un finanziamento di cinque milioni,[113] che servì ad avviare la progettazione definitiva per il primo stralcio funzionale Passo Corese-Osteria Nuova (affidata nel marzo 2005 alla Italferr[98]) e ad eseguire perforazioni e rilievi geologici sui terreni attraversati;[114] il progetto definitivo fu completato a novembre del 2005

La protesta degli ambientalisti Modifica

Le colline di Fara Sabina, che secondo il comitato verrebbero danneggiate dalla ferrovia
Ma proprio a questo punto nasce a Fara Sabina una forte opposizione all’apertura dei cantieri: tra i residenti e i proprietari della zona si costituisce infatti il “Comitato Nuovo Tracciato”[115] il quale, pur dichiarandosi favorevole alla realizzazione dell’opera e reputandola necessaria,[100] si oppone al tracciato scelto dalla Italferr, sostenendo che apporterebbe gravi danni al territorio: gli alti viadotti modificherebbero sensibilmente il panorama collinare,[116][117] le gallerie causerebbero dissesto idrogeologico e prosciugamento delle sorgenti,[118][119] inoltre attraverserebbe un’area archeologica[120] e numerosi uliveti, danneggiando eccessivamente l’agricoltura e i privati.[119][121] Il comitato sostiene che il tracciato non sia utile né alla Sabina (per l’assenza di stazioni intermedie, impossibili da aggiungere anche in futuro[119]) né a Rieti[116] (perché lento e a binario singolo, interdetto al traffico merci, con troppe opere d’arte che – a suo parere – provocherebbero difficoltà tecniche ed economiche tali da destinare l’opera «a non raggiungere mai il capoluogo»[119]); per il comitato, quel tracciato è utile solo a favorire una lucrosa speculazione edilizia nella zona di Osteria Nuova, a vantaggio degli interessi affaristici dei costruttori edilizi, e trasformerebbe la Sabina in una periferia romana.[117][120][122] In assenza di una completa riprogettazione, il comitato sostiene che l’opera vada ostacolata.[120][123]

In breve tempo l’associazione ottiene visibilità e sostegno anche fuori dalla Sabina,[124][125] mentre a livello provinciale l’opposizione al progetto incontra l’appoggio di Verdi,[116] Radicali[126] e Rifondazione comunista,[127] del prof. Bariletti (autore del progetto alternativo dell’Università Roma Tre)[128] e della giunta comunale di centro-sinistra guidata da Tersilio Leggio che, ferma restando la validità strategica del collegamento,[129] definì il progetto «uno scempio per il territorio di Fara Sabina» e dichiarò di volerne bloccare la realizzazione.[127] Comune e comitato intervennero depositando, nel corso di pochi mesi, ben quattro ricorsi al TAR.[130]

Il centro-destra provinciale si schierò nettamente contro il comitato, nel quale vedeva il tentativo di boicottare la realizzazione di un’opera fondamentale, e per questo minacciò di bloccare la stazione di Passo Corese, «così a Roma in treno non ci andranno nemmeno loro»;[131] inoltre accusò il sindaco di Fara Sabina di aver agito con colpevole ritardo (dato che il progetto era noto da tre anni) e di cavalcare la vicenda per fini elettorali.[132] In sostegno della prosecuzione dell’opera nacque inoltre un comitato dei pendolari di Rieti,[133][134] il quale sostenne che «100 persone di Fara Sabina non possono condizionare lo sviluppo di un intero territorio».[135] Invece il centro-sinistra al governo di provincia e regione (giunte Melilli e Marrazzo) fece sua una buona parte delle critiche e sostenne che i progettisti dovessero ascoltare il parere del comitato.[136][137][138]

Regione e Provincia, tuttavia, non si opposero apertamente alla realizzazione del progetto e nelle conferenze di servizi tenute a febbraio/marzo del 2006 espressero parere favorevole, pur manifestando alcune riserve relative all’eccessivo impatto ambientale, al binario singolo considerato antiquato e insicuro, e alla necessità di proseguire fino a Rieti e Ascoli.[139] In tale sede il progetto definitivo fu quindi approvato,[140] con l’unico parere negativo dal sindaco di Fara Sabina[98] (che continuò a sostenere una riprogettazione totale dell’opera[123]); una netta riduzione dell’impatto ambientale tuttavia non fu possibile, dato che ormai il tracciato non poteva essere spostato a più di 150 metri da dove era previsto.[141]

La stazione di Fara Sabina
Tutto il centro-sinistra, comunque, smise di considerare la ferrovia come una priorità e iniziò invece a lavorare su due progetti alternativi per migliorare i collegamenti tra Rieti e Roma: l’istituzione di treni diretti a Roma usando la già esistente ferrovia Rieti-Terni e il raddoppio della Strada statale 4 tra Rieti e Roma. Questi interventi, criticati dal centro-destra[142] e dai pendolari,[135] erano stati precedentemente caldeggiati dal comitato[119] e dal comune di Fara Sabina,[143] e nelle intenzioni avrebbero avuto minor costo e impatto ambientale rispetto alla ferrovia diretta;[144] tuttavia negli anni successivi entrambi hanno incontrato grosse difficoltà (in particolare, sul raddoppio della statale il costo è risultato quasi il doppio della ferrovia[145] e si è riproposta la contrarietà dei comuni della bassa Sabina per via dell’impatto ambientale[146]).

Dopo una modifica dell’ultimo minuto ad una piccola parte del tracciato, per evitare la zona archeologica di Fara Sabina,[147][148] il 29 marzo 2006 il CIPE approva il progetto definitivo di questo primo tratto con delibera n. 105, quantifica il costo in 350 milioni di euro e assegna un contributo di 90 milioni per la realizzazione degli interventi prioritari;[14] secondo Cicolani il finanziamento sarebbe servito alla predisposizione dei piazzali delle stazioni, alla gestione delle interferenze e ad altri lavori propedeutici all’avvio dell’opera «e, se la mia richiesta verrà accolta, all’effettuazione della progettazione definitiva anche per il tratto ferroviario che va da Osteria Nuova a Rieti».[149]

L’esiguità del finanziamento fu fortemente criticata dal centro-sinistra, in particolare dal governatore Marrazzo (secondo il quale si sarebbe trattato solo di uno spot elettorale in vista delle vicine elezioni politiche[150]), e dal presidente della provincia Melilli (secondo il quale «dovremo impiegare almeno un decennio a farci finanziare dal Governo gli altri 600 milioni di euro e passa che mancano»[151]); il ministro dei Trasporti Lunardi replicò che «le grandi opere vengono finanziate per tronconi in base allo stato dei lavori» e rassicurò sostenendo che il cantiere sarà finanziato anno per anno.[152]

Nonostante ciò, nel corso dei mesi successivi, le associazioni ambientaliste[153] e il centro-sinistra[154] proposero ripetutamente di spendere i 90 milioni per un’altra opera, come il raddoppio della strada statale o il ripristino della ferrovia Orte-Civitavecchia.[155] Queste iniziative furono giustificate dai proponenti sostenendo che il finanziamento non fosse sufficiente per far partire i lavori (circostanza smentita a luglio dal neo-ministro alle infrastrutture Antonio Di Pietro[156]), e furono duramente criticate dai pendolari,[157] dal centrodestra[158] e dai sindacati CISL, UIL e CGIL.[159]

La rimozione dalle priorità Modifica
Con il nuovo governo Prodi, il neo-ministro Antonio Di Pietro decise di compilare un elenco delle infrastrutture prioritarie.[161] Fin da subito i sindacati fecero pressioni su provincia e regione perché la ferrovia fosse compresa tra di esse,[162][163] e – in occasione di un patto tra i sindacati e la provincia – CGIL, CISL e UIL chiesero e ottennero un impegno formale a favore della ferrovia.[164][165]

Nonostante ciò il 26 settembre 2006, all’incontro con Di Pietro, il governatore Marrazzo e il presidente della provincia Melilli fecero rimuovere la ferrovia Rieti-Fara Sabina dalle priorità di Regione e Governo,[160][166] inserendovi invece il raddoppio della strada statale Salaria[167] (opera per la quale non esisteva ancora un progetto e che richiedeva il reperimento di più fondi rispetto al primo tronco della ferrovia[167]). La notizia fu duramente criticata non solo dal centro-destra (che vedeva vanificato il lavoro svolto dal governo Berlusconi in favore di un progetto più costoso e incerto)[142][168] ma anche da tutti i sindacati (che vedevano tradito il patto firmato pochi giorni prima)[169][170] e da parti del centro-sinistra, che minacciarono di uscire dalla maggioranza al consiglio provinciale.[160]

Questa scelta, ufficializzata in un protocollo d’intesa il successivo novembre,[171] causò il definitivo impaludamento del progetto, che da allora non ha subito ulteriori avanzamenti. Al suo arenamento contribuì in qualche modo anche la nomina di Mauro Moretti ad amministratore delegato delle FS, il quale nel 2008 dichiarò che, affinché la Rieti-Roma potesse diventare realtà, occorreva «immaginare un piano di sviluppo urbanistico nuovo nell’asse tra Roma e Rieti» per «raggiungere quella massa di viaggiatori che rende una linea economicamente valida».[172]

A detta del centro-sinistra il progetto approvato dal CIPE doveva essere «considerato superato» e ora si poteva «lavorare senza fretta e pressioni per modificare drasticamente il tracciato attualmente previsto».[122] Ad ottobre del 2006 Marrazzo dichiarò di voler istituire una commissione per rivedere il progetto e per decidere la destinazione dei 90 milioni,[173] che tuttavia non fu mai formata. Nel 2009 anche il centro-destra ammise la necessità di rivedere il progetto per ridurre l’impatto ambientale, e il senatore Cicolani annunciò che l’intero tratto Passo Corese-Osteria Nuova avrebbe avuto un percorso sotterraneo.[174][175][176][177][178] L’interramento è previsto anche dal piano dei trasporti della provincia,[179] tuttavia non hanno ancora avuto luogo né la revisione del progetto, né il reperimento dei maggiori fondi prevedibilmente necessari.

L’opera tornò alla ribalta nel giugno del 2009, prima delle elezioni provinciali, quando il ministro Matteoli venne in Sabina per dare delle rassicurazioni sul finanziamento della ferrovia;[180] a novembre, prima delle elezioni regionali che videro vincitrice Renata Polverini, il ministro dichiarò che il governo aveva stanziato 350 milioni e che si era deciso di aumentarli a 420.[181] In realtà, come denunciato dai Radicali, non ci fu alcun incremento del finanziamento.[182] Al contrario, i fondi esistenti vennero addirittura revocati: con l’aggiornamento 2009 del Contratto di Programma, infatti, i 90 milioni stanziati nel 2006 furono dirottati al quadruplicamento della ferrovia Rho-Gallarate, in vista dell’Expo Milano 2015, in quanto il finanziamento risultava insufficiente a coprire la realizzazione di fasi significative.[98] La rimodulazione fu operata da RFI e approvata dal governo Berlusconi l’anno successivo,[nota 6][98] facendo sì che il finanziamento della ferrovia dovesse ripartire da zero.

Nel 2011 il progetto fu reinserito tra le priorità dalla giunta Polverini[98][183] ma nel 2014 è stato nuovamente rimosso dalla giunta Zingaretti «per la complessità di realizzazione e la difficoltà nel reperire i necessari finanziamenti nei tempi previsti».[98] Ad oggi il dibattito sulla realizzazione dell’opera è fermo (specialmente in seguito alla morte di Cicolani e al ritiro dalla politica di Rositani) e al suo effettivo compimento non credono né il sindaco di Rieti Petrangeli[184][185] né quello di Ascoli Castelli (che nel 2014 si è rifiutato di includere il tracciato della ferrovia nel piano regolatore del comune[186]).

Il collegamento Rieti-Terni-Roma Modifica
Nonostante l’assenza di una ferrovia diretta, dal 1959 al 1987 Rieti e L’Aquila avevano beneficiato di un collegamento diretto con Roma: si trattava del direttissimo Freccia del Gran Sasso, una coppia di treni che percorrevano la linea lenta Roma-Orte e la Terni-L’Aquila, che coprivano il percorso fino a Rieti in due ore e fino all’Aquila in tre ore e mezza[187]; l’apertura dell’autostrada Roma-L’Aquila e l’aumento dei tempi di percorrenza (arrivati quasi a cinque ore in seguito all’aggiunta di altre fermate) provocarono un netto calo dell’utenza e la soppressione del servizio.[188][189]

Nel 2006, durante il dibattito sulla Rieti-Passo Corese, gli oppositori del progetto Italferr (per primi il comitato di Fara Sabina[117][190][191] e il prof. Bariletti[128]) chiesero che il collegamento Rieti-Roma fosse realizzato utilizzando la ferrovia esistente (passando per Terni, come faceva la Freccia del Gran Sasso) piuttosto che con la costruzione della ferrovia diretta, allo scopo di evitare il danno ambientale e risparmiare la spesa.

Questa possibilità fu fortemente criticata dai pendolari[135][192], dai sindacati[193][194] e dal centro-destra, che vi vedeva il tentativo di «abbattere la Rieti-Passo Corese».[142][195] L’idea però ricevette l’appoggio delle giunte provinciali e regionali di centro-sinistra (Melilli e Marrazzo), che esclusero la Rieti-Passo Corese dalle priorità infrastrutturali[160] e già nella primavera del 2006 studiarono insieme alle FS la possibilità di istituire collegamenti non-stop via Terni.[196]

Regionale in partenza da Roma Tiburtina a Rieti (via Terni) istituito nel 2015
Secondo la provincia di Rieti l’acquisto di treni più veloci, da far passare sulla direttissima Orte-Roma, avrebbe permesso tempi di percorrenza di 1 ora e 15 (un tempo poco più alto rispetto alla linea ferroviaria diretta, vista anche la bassa velocità permessa dal progetto Italferr), in cambio di un costo molto minore.[197][198] I detrattori denunciavano invece che, allo stato attuale delle cose, il tempo di percorrenza via Terni fosse il doppio rispetto a quello della ferrovia diretta.[135]

Ad ogni modo il progetto si è rivelato di attuazione più difficile del previsto per varie ragioni: la saturazione della linea direttissima, che nell’ora di punta non dispone di tracce libere (occupate dai treni dell’alta velocità e dai regionali diretti in Umbria[199][200]); la mancanza di treni veloci (che devono essere necessariamente acquistati per rendere attrattivi i tempi di percorrenza su un percorso lungo 134 km, ben 54 in più della linea diretta[2]); e infine la linea Rieti-Terni, che oltre ad essere piuttosto tortuosa (con pendenze anche del 30 per mille[201]) non è elettrificata, il che obbliga la scelta dei treni veloci a delle categorie particolari e meno diffuse (treni diesel di maggiore potenza, oppure bimodali con doppio motore diesel ed elettrico), treni che tra l’altro non potrebbero circolare sulla linea per limitazioni nel carico assiale consentito.[200] Per queste ragioni, nonostante la provincia lo ritenesse un obiettivo di breve termine,[202] anche su questo progetto meno ambizioso si è ottenuto poco e con tempi lunghi.

Un primo passo venne compiuto dalla regione nell’autunno del 2006, quando l’orario dei treni Rieti-Terni fu modificato per essere in coincidenza con i treni Terni-Roma,[203] ma la soluzione con cambio ebbe poco successo e attirò ben pochi pendolari.[142] Il primo risultato concreto fu ottenuto nel dicembre del 2008, quando venne istituito un treno diretto da Rieti a Roma Tiburtina, che in mancanza di materiale più veloce è effettuato con una tripla di littorine ALn 776 di FCU con una percorrenza di 1 ora e 40.[204][205] A causa dell’orario poco adatto (arrivo alle 9:35), e dell’assenza di corse di ritorno alla sera, il treno è poco utilizzato[206][207] e solo recentemente si è ottenuto il suo spostamento ad un orario più utile per i pendolari (arrivo alle 7:54). Inoltre si è dovuto attendere sette anni per vedere l’istituzione di un treno di ritorno, nel dicembre del 2015;[208] anche in questo caso l’orario inadatto (arrivo a Rieti alle 22:15) rende il treno quasi del tutto inutilizzato.[209]

Il collegamento Rieti-Roma via Terni è tuttora indicato come una priorità dalla giunta provinciale di centro-sinistra e dalla giunta comunale Petrangeli.[185][210] Per quanto riguarda la limitazione al carico assiale sopportato dalla Terni-Rieti, nell’estate del 2015 sono stati sostituiti due ponti della linea.[200][208]

Per quanto riguarda i treni veloci, la giunta Marrazzo aveva annunciato più volte che sarebbero stati acquistati: nell’ottobre 2006, quando si parlò di tre Minuetto,[173] nel novembre 2006, quando si parlò di due motrici in arrivo l’anno seguente,[211] e nell’aprile 2007, quando si parlò di due treni bimodali da far progettare e costruire appositamente dalla Alstom a Colleferro con un costo di 16 milioni di euro,[212] che sarebbero arrivati nel 2009.[213] Tuttavia la giunta terminò senza che nessun treno fosse stato comprato, e la successiva giunta Polverini non si interessò del problema. La giunta Zingaretti, pur avendo portato avanti un consistente piano di acquisto di treni per le altre province del Lazio,[214] si è detta apertamente contraria al loro acquisto, sostenendo che i treni diesel siano troppo inquinanti.[215]

Situazione attuale Modifica

La strada statale Salaria tra Rieti e Passo Corese
L’unica infrastruttura che garantisce i collegamenti sul percorso della progettata ferrovia è la Strada statale 4 Via Salaria, un’arteria ad una sola corsia per senso di marcia, strozzata da frequenti intersezioni a raso.[216] Solo la parte costiera della provincia di Ascoli beneficia di un’arteria più veloce per i collegamenti verso Roma, l’autostrada A24.

La SS4 è percorsa mediamente da circa 57 000 veicoli al giorno nei pressi di Roma,[217] oltre 12 000 veicoli al giorno alle porte di Rieti[218] e quasi 11 000 nei pressi di Ascoli.[219] La legge obiettivo prevede il raddoppio della strada tra Rieti e Passo Corese (bloccato in fase preliminare)[145] mentre dagli anni Ottanta sono in corso lavori di ammodernamento e rettifica nel tratto Rieti-Ascoli, tuttora in corso.[220]

Lungo questa direttrice il trasporto pubblico è garantito da diversi servizi di autolinea. Quella interessata dai maggiori flussi è l’autolinea Rieti-Roma gestita dalla Cotral, che è uno dei servizi su gomma più frequentati del Lazio e di gran lunga il più frequentato della provincia,[221] con un flusso medio di circa 2200 passeggeri al giorno[222]; ha un tempo di percorrenza di 1 ora e 40 e la frequenza di una corsa ogni mezz’ora, per un totale di 41 al giorno in ciascuna direzione[223], espletate nelle ore di punta da mezzi bipiano. In ciascuna direzione, le statistiche annuali sono di oltre un milione di veicoli-km percorsi, oltre 57 milioni di posti-km offerti e un coefficiente di riempimento posti dell’84%.[224] Sulla linea, nota per i non rari guasti e disservizi,[225] la regione Lazio sta sperimentando un criticato[226][227] progetto di interscambio che porterebbe alla soppressione dell’autolinea diretta e all’attestazione di tutte le corse alla stazione di Fara Sabina, dove i pendolari sarebbero obbligati al cambio con il treno della FL1, allo scopo di spostare i pendolari in ingresso a Roma dalla gomma alla rotaia.[228] Alla Rieti-Roma si aggiunge l’autolinea Rieti-Passo Corese, gestita sempre da Cotral, con 15 corse per direzione al giorno.[224]

La frequentazione elevata si deve al fatto che, nonostante le contenute dimensioni demografiche, la provincia di Rieti è la settima in Italia per percentuale di residenti che lavorano fuori provincia;[229] i pendolari che si spostano quotidianamente nella provincia di Roma per lavoro sono circa 9 400[229] e di questi sono 6 607 quelli diretti a Roma città.[230] Tra i pendolari, circa tremila ricorrono al trasporto pubblico su gomma[231][232][233] mentre i restanti fanno uso dell’auto privata.

Sulla parte rimanente della SS4 operano altre autolinee, anche se dalla frequentazione meno consistente. L’autolinea Amatrice-Rieti, esercitata sempre da Cotral, ha sette corse giornaliere per direzione[234] ed è frequentata da circa 200 passeggeri al giorno.[222] L’operatore Start gestisce le autolinee Fermo-San Benedetto-Ascoli-Roma e Tortoreto-Ascoli-Roma, con complessivamente otto corse al giorno che percorrono la Salaria[235] ed altre sei che percorrono la A24,[236] e l’autolinea Ascoli-Amatrice con quattro corse al giorno.[235] Inoltre la ROma MArche linee gestisce sei coppie di corse giornaliere verso Roma, con partenze da Ancona, Macerata e Fermo e transito per l’A24.[237] Sul lato abruzzese, invece, la società regionale ARPA gestisce le autolinee L’Aquila-Roma (21 corse giornaliere per direzione)[238] e Giulianova-Teramo-Roma (7 corse giornaliere per direzione).[239]

Conseguenze Modifica
La mancata realizzazione di questa ed altre opere ha causato un notevole ritardo infrastrutturale, in particolare nella provincia di Rieti, che è oggi tra le ultime a livello nazionale per dotazione infrastrutturale (fatto 100 l’indice nazionale, quello della provincia reatina è 47,2 che la rende ultima del centro Italia e 95º su 107 province,[240] indice che scende a 40,9 se si considera solo la rete ferroviaria[241]).

La stazione di Rieti
In Sabina il problema della costruzione della ferrovia è molto sentito (fu definito dal Palmegiani «il più vitale, il più palpitante della regione»[70]) e pertanto è da lungo tempo un tema centrale nel dibattito politico. Dalla fine dell’Ottocento fino ai giorni nostri sono innumerevoli le occasioni in cui ne è stato riconosciuto l’uso come arma di propaganda elettorale[9][11][12][13] e ad oggi la Rieti-Roma è considerata una delle più durature promesse elettorali irrealizzate.[10] La sua mancata realizzazione è diventata per Rieti un vero e proprio simbolo dell’isolamento della Sabina.[5][6][7][8]

Rieti, che nei piani dell’Ottocento doveva essere uno snodo ferroviario di primaria importanza per l’Italia mediana[242] in virtù della sua centrale posizione geografica, invece è rimasto molto indietro anche solo rispetto alle altre province del Lazio.[243] Infatti, pur essendo dopo Latina il capoluogo più vicino a Roma, Rieti è l’unico a non disporre di un collegamento ferroviario con la Capitale e l’unico ad essere escluso dai servizi ferroviari suburbani di Roma (linee FL), che servono solo una parte periferica della sua provincia. Inoltre con la costruzione dell’autostrada A24 il divario si è allargato anche all’Abruzzo, contribuendo al declino del turismo montano sul Terminillo (in precedenza località turistica invernale di riferimento per i romani).[244]

Anche all’interno della provincia di Rieti lo stato dei collegamenti con Roma è molto diverso. Questa situazione, sin dagli anni Trenta,[30] ha determinato un forte scollamento tra le zone della bassa Sabina (toccate dalla ferrovia Roma-Orte e dall’autostrada A1), che sono divenute a tutti gli effetti satelliti nell’orbita della Capitale e oggetto di immigrazione dall’Urbe, ed il resto della provincia di Rieti (compreso il capoluogo), che sono rimaste isolate in un ambito provinciale e oggetto di forte emigrazione.[245][246] La mancanza di infrastrutture di collegamento con il capoluogo e con Roma, compresa la ferrovia, è stata spesso citata tra le motivazioni che hanno portato diversi comuni della provincia a voler lasciare la regione Lazio[5][247][248][249] (un referendum secessionista ha avuto luogo a Leonessa[250][251] ed è stato più volte minacciato ad Amatrice[252][253]).

Caratteristiche Modifica

Come la Roma-Giulianova, la Ferrovia Salaria venne concepita come terza linea trasversale dell’Italia centrale, a metà tra la Roma-Ancona e la Roma-Pescara, con il vantaggio di essere il più breve dei quattro collegamenti tra i due mari (circa 221 km[1]) e di valicare l’appennino centrale al passo della Torrita (meno impegnativo rispetto alla Roma-Pescara e all’ipotizzata Roma-Giulianova). Del suo tracciato 90 km[2] sono già esistenti (si tratta della linea Ascoli-San Benedetto, che doveva costituire parte del suo percorso, e dei tratti condivisi con le linee Terni-L’Aquila e Roma-Orte); la parte restante, rimasta irrealizzata, si compone dei due tronchi Passo Corese-Rieti e Antrodoco-Ascoli Piceno.

Il primo dei due, lungo 50 km[1] da Rieti a Passo Corese (frazione di Fara Sabina), da solo completerebbe la ferrovia Rieti-Roma, che permetterebbe di accorciare notevolmente la distanza della Capitale da Rieti (da 152[nota 7] a 88 km[nota 8]) e dall’Aquila (da 215[nota 9] a 151 km[nota 10]) e consentirebbe l’estensione del servizio della linea regionale FL1 all’unico capoluogo del Lazio che finora ne è escluso.

L’altro tronco, lungo 85 km[1] da Antrodoco ad Ascoli Piceno, completerebbe il percorso fino al mare riducendo notevolmente la distanza della Capitale da Ascoli (da 326[nota 11] a 197 km[nota 12]), da Fermo (da 328[nota 13] a 252 km[nota 14]) e da tutti gli abitati costieri lungo la linea adriatica nelle province di Teramo e Macerata. Da questo tronco si prevedeva di distaccare una breve diramazione a servizio del capoluogo teramano[254] (con la quale la distanza con Roma passerebbe da 305[nota 15] a 232 km[nota 16]); inoltre vennero ipotizzate a vario titolo delle diramazioni per Norcia[49] (ad innesto sulla linea per Spoleto) e L’Aquila (tesa ad fornirle uno sbocco più diretto sulla costa adriatica).

Nel complesso, la Salaria accorcerebbe la distanza ferroviaria con Roma ad una popolazione di due milioni di abitanti.[255]

Progetto Amici del 1902-1907 Modifica
Il tracciato del tronco Ascoli Piceno-Antrodoco venne progettato da Venceslao Amici nel 1902. Secondo quanto riporta il Palmegiani[258], il tracciato avrebbe previsto di portarsi alla sinistra del fiume Tronto poco dopo la stazione di Ascoli, per poi tornare alla sua destra presso Mozzano dove si sarebbe trovata una stazione in corrispondenza della strada per Roccafluvione. Poco prima del fosso Tranchella, attraverserebbe per due volte il Tronto in modo da evitare gallerie, fino a raggiungere il fosso dello Stallo e la cittadina di Acquasanta, che sarebbe superata con una galleria sotto l’abitato. Attraversato di nuovo il Tronto si giungerebbe a Quintodecimo (anch’esso superato in galleria); dopo alcune brevi gallerie si arriverebbe ad Arquata, poi Grisciano e Accumoli. Da qui si risalirebbe la valle del fiume Scandarello, attraverserebbe l’altopiano della Torrita e scenderebbe nel vallone della Meta dove avrebbe raggiunto il corso del Velino a valle di Cittareale. Seguendo il fiume avrebbe raggiunto Santa Croce, Posta, Sigillo e San Quirico, da dove avrebbe raggiunto la stazione di Antrodoco-Borgo Velino.[258]

Il progetto prevedeva pendenze fino al 22,6‰ e raggi di curvatura minimi di 250 metri.[56]

Più tardi, nel 1907, Venceslao Amici si occupò di progettare anche il tronco Rieti-Passo Corese.[259] Il tracciato prevedeva una lunghezza di 50,108 km,[259] pendenze fino al 23‰ e raggi di curvatura minimi di 300 metri.[56] Avrebbe attraversato i comuni di Fara Sabina, Nerola, Scandriglia, Poggio Nativo, Frasso Sabino, Poggio Moiano, Monteleone, Roccasinibalda, Belmonte e Rieti.[45]